Il verbo "pubblicare" allude come ovvio (anche se tanto ovvio non sembra essere) al "rendere pubblica" una certa tesi, opinione, argomentazione, oppure una notizia, o ancora, più comunemente nel parlare per esempio di produzioni editoriali, un'opera d'arte. Mi chiedo però quanti contenuti, in quanto oggettivamente
non pubblicabili, vengano in pratica taciuti in questo sistema che solo superficialmente può essere definito permissivo o libertino. Un tempo, per esempio, esistevano dei libri cosiddetti proibiti, che definivano uno spartiacque tra due mondi entrambi esistenti e raggiungibili attraverso procedure decodificabili (magari appunto complesse e articolate, come nel caso del raggiungimento di una biblioteca contenente materiali da nascondere ai più, ma pur sempre decodificabili). Oggi invece, non essendoci formalmente nulla di censurabile, la censura
de facto è paradossalmente molto più forte ed efficace, in quanto prodotta per via indiretta, dal buonsenso dell'aspirante autore o comunicatore che comprende benissimo la portata dei suoi consigli all'umanità, e dunque quanto essi possano essere pericolosi per chi li pronuncia.
(Mie considerazioni rileggendo l'incipit storico di TAZ.)#
Ho scritto un
breve post (nel mio Mastodon classico) sull'idea di
simulazione globale, che oggi come oggi mi sembra tanto dilagante da diventare una sorta di nuovo
standard.
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Hakim Bey's TAZ! Nuovissima
traduzione in italiano (copertina Shake sempre orribile, ma ormai lo sappiamo). Uno dei grandi ispiratori della mia adolescenza, tra ingegneri informatici e letture di William Burroughs.
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Annotazione di oggi. "Un partito non deve
chiedere; deve
fare. Ma per
fare, ha solo due opzioni: o conquistare il potere con maggioranze democraticamente improponibili, oppure diventare una societ�� segreta."
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Se ami l'ambient music e le cose tendenzialmente (un poco) antiche, lo storico podcast
Ultima Thule fa per te.
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